giovedì 16 febbraio 2012

GIORDANO BRUNO



Maria Romano:
Il 17 febbraio 1600, Giordano Bruno moriva bruciato vivo sul patibolo dell’inquisizione romana.
Costretto ad ascoltare inginocchiato la sentenza di condanna a morte per rogo,si alza e ai giudici indirizza la storica frase:
«Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam»
(«Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla»).
Dopo aver rifiutato i conforti religiosi e il crocefisso, con la lingua in giova - serrata da una morsa perché non possa parlare - viene condotto in piazza Campo de' Fiori, denudato, legato a un palo e arso vivo. Le sue ceneri saranno gettate nel Tevere.
Domenicano, sedotto dalla Riforma senza aderirvi, Bruno non era né la prima né l’ultima vittima di quest’istituzione il cui scopo era quello di estirpare l’eresia, anche con i mezzi più terribili. Ma, agli occhi della storia, Bruno fu molto più di uno semplice eretico. Per la prima volta la chiesa cattolica romana eliminava fisicamente il partigiano di una teoria scientifica allora nuova in Europa: l’ eliocentrismo del sistema copernicano.
Ciò che più conta, Bruno aveva pronunciato questa teoria corredandola con un’intuizione che doveva rovesciare la nostra visione del mondo: quella di un Universo infinito.
Spingendo, attraverso scritti filosofici non sistematici, fino alle sue conseguenze estreme la sua adesione al sistema di Copernico, Bruno costruì così un cosmologia dove l’uomo, in comunione con un dio immanente alla natura, è, forse, il vero centro divino. E per questo perse la vita.

"Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno

preferiva immolarsi sul rogo che rinunciare al libero giudizio del suo intelletto e della sua coscienza.
Nei tempi oscuri che viviamo, in cui tanti spiriti si piegano sotto il peso della materia, tradendo ogni dottrina e ogni filosofia, l'esempio di Giordano Bruno assurge a concezione di eterna e purissima fiaccola accesa al culto del libero pensiero.
Vogliano gli uomini raccogliersi un istante in se stessi e purificandosi in quella fiaccola commuoversi all'idea che nulla in questa vita v'è di più grande che sentirsi liberi ed arbitri del proprio destino" —
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