Ormai vedono noi giudici come certi politici” IL PROCURATORE DI MILANO ARMANDO SPATARO: CENE E CONNIVENZE MINANO LA NOSTRA CREDIBILITÀ di Silvia Truzzi Via i mercanti dal tempio. Così dicono i manifesti appesi in Procura a Milano, il tribunale simbolo di Mani Pulite: “Fuori la P2 dal Palazzo di Giustizia”. Al quarto piano c'è l'ufficio di Armando Spataro, procuratore aggiunto coordinatore del Pool antiterrorismo. Dottore, che effetto le hanno fatto i cartelli?
È evidente che hanno un significato provocatorio e i primi a rimanere allibiti da quanto si legge sui giornali siamo noi. L'Anm ha preso una posizione dura, ma singolarmente, nelle mailing list dei magistrati, circola una sensazione di delusione e il desiderio di una presa di distanza. Qualcuno ha parlato anche di schifo. È ovvio che quello che sta avvenendo fuori sta sporcando l'immagine che i cittadini hanno della magistratura. Parlo dei cittadini, perché i giudici conoscono gli anticorpi che l'ordinamento ha di fronte a fenomeni di questo tipo. Ma i cittadini assimilano alcuni magistrati ad alcuni politici. Non hanno torto, se ci vanno a cena e trattano affari con loro... Certo, ma la faziosità è per definizione uno degli elementi della politica. Quando questo si trasferisce sui magistrati, per la peculiarità delle funzioni che noi esercitiamo, è inammissibile. L'autorevolezza dell'agire e del decidere dei magistrati si fonda sulla loro credibilità.
Sono più di 15 anni che la magistratura viene delegittimata. Sì, da Mani Pulite: fu allora che si innescò un imbarbarimento dei rapporti tra giustizia e politica che ha portato a un'alterazione completa del quadro costituzionale. Un attacco massiccio e progressivo che ha prodotto anche una diversa gerarchia della gravità dei reati. È come se oggi corruzione, falso in bilancio e bancarotta fossero diventati meno importanti della immigrazione irregolare. Ecco perché è fondamentale difendere con le unghie e con i denti l'obbligatorietà dell'azione penale. Il Csm ha avviato la procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale per i magistrati coinvolti nell'inchiesta P3.
Foglia di fico?
Il trasferimento non sostituisce il procedimento disciplinare, che prevede sanzioni che includono anche l'allontanamento dall'ordine giudiziario. Il procuratore generale della Cassazione ha iniziato gli accertamenti per l'azione disciplinare.
Crede che i cittadini penseranno “cane non mangia cane”? Spero di no, basta guardare alla storia di questi anni e ai tanti magistrati condannati per ogni tipo di reato. Le indagini non li hanno mai risparmiati solo perché colleghi degli investigatori. Il suo ufficio non è molto lontano da quello di Alfonso Marra... Naturalmente non parlerò di situazioni singole. Ma sempre, di fronte a magistrati che hanno contatti quanto meno equivoci, io provo dolore e preoccupazione: certi rapporti vanno evitati a prescindere. L'avvocato Grosso su ‘La Stampa’ ha scritto: un giudice va a cena da solo. Condivide?
Voleva dire che non si va a cena con certe persone. Infatti, la magistratura è tenuta all’obbligatorietà dell’azione penale e soprattutto, come sancisce la Costituzione, è soggetta soltanto alla legge. Vale a dire: noi siamo obbligati ad essere del tutto indifferenti alle logiche politiche, cui siamo estranei. Siamo un'altra istituzione e un altro potere. E questo implica anche la necessità di rifuggire ogni contatto che possa essere o sembrare sospetto.
Berlusconi si è più volte scagliato contro i giudici che facevano politica. Siamo costretti a dargli ragione?
La cosa curiosa è che i magistrati accusati da Berlusconi di essere toghe rosse erano quelli che avevano scelto di essere soggetti solo alla legge. Forse i casi che sono emersi in questi giorni dovrebbero suggerirgli altre riflessioni.
La politica italiana è molto compromessa nella sua immagine. Se accade alla giustizia è più pericoloso? Il potere della maggioranza che governa, deriva dal consenso dei cittadini, che possono esercitare il potere di sanzione politica con il voto. Noi siamo legittimati dal concorso che vinciamo, il che non è affatto una deminutio come disse Berlusconi. Il cittadino di fronte alla magistratura indebolita è disarmato, perché non ha potere di sanzione. Quello che mi spaventa è che i cittadini possano perdere fiducia nelle decisioni dei magistrati. I fatti di questi giorni rischiano di far dire a molti: “Tanto sono tutti uguali...” Quindi che si fa? Certo non ciò che sul vostro giornale un mio ex collega, Bruno Tinti, propone: il sorteggio dei membri del Csm. Un'idea per me inaccettabile. Intanto perché si accomuna tutta la magistratura ai fatti di questi giorni. E poi perché è un metodo deresponsabilizzante. Invece bisogna invitare i magistrati che votano il Csm a informarsi e a premiare chi lo merita. Anche nei fatti di cui ci stiamo occupando, è facilissimo andare a vedere chi ha votato i colleghi che ora sono oggetto di accertamenti da parte del Csm. Queste posizioni a mio avviso delegittimano ulteriormente il nostro ruolo. Il sorteggio mi ripugna e invocarlo è frutto di miopia politica: perché allora non lo adottiamo per il Parlamento?