di Rita Pani pubblicata da Rita Pani sabato 9 ottobre 2010
La Marcegaglia disse: “Vogliono la guerra.” Ma noi la guerra ce l’abbiamo già. Siamo in Afghanistan per spezzare le reni al nemico, per fargli tagliare la barba, per togliere il burqa alle donne, per dare le caramelle e le matite colorate ai bambini, per rubare l’oppio, per far passare i gasdotti, per essere schiavi fedeli degli USA, per gratificare il nostro governo fascista.
Quattro morti è una mezza strage. Sarà difficile ignorarle persino per il branco di cani addestrati che sono al servizio del tizio padrone dell’Italia, quindi possiamo supporre che il grosso dell’operazione di dossieraggio contro chi ha osato opporsi al regime, non tanto per etica o morale, ma solo per interesse privato e personale, sarà rimandato a domani.
Oggi l’Italia “fortunatamente” avrà da piangere un altro po’ di vite umane, e rifarsi la bocca dalle amarezze quotidiane. Morti di distrazione di massa, da avversare o idolatrare a seconda di come ci si ponga rispetto alle cose pietose di questo paese. Il resto può attendere, o forse no. Mi è difficile fare previsioni politiche. (Sì, è politica)
È la politica che arriva ben prima del caso Boffo, è la politica dei calzini stravaganti del giudice Mesiano, ma anche la politica dei travestiti, iniziata da gente come corona che fotografò l’ingenuo gesto di Sircana, allora portavoce di Prodi e finita a suon di cadaveri mai morti per cause naturali, quando ci fu da conquistare la Regione Lazio.
È la politica fascista della delazione, riveduta e corretta con i ritmi dettati dall’evoluzione mediatica, di cui tutti sappiamo chi sia il tizio proprietario.
Un gossip appesantito, capace di entrare nelle case dell’uomo qualunque a raccontargli ciò che saprebbe già, se avesse mantenuto un minimo di capacità di discernimento, e che invece, come cinquant’anni fa, come per miracolo gli apparirà vero, solo perché l’ha detto la televisione, o perché terrà in mano un giornale patinato che il tizio chiamerà “libro”.
L’uomo qualunque non si soffermerà nemmeno per un secondo a ragionare sul metodo con cui vengono avversati gli oppositori del governo.
E poco importa che la ribellione nasca non per le difficoltà di un popolo ma per la tutela dell’interesse privato – questa volta addirittura degli industriali che tanto hanno fatto per metterci in ginocchio. A colui che oggi vivrà il lutto per gli eroi, come una tregua dalla quotidiana guerra dello schifo e della nausea italica, non importa di domandarsi quando e come questo governo fascista, allargherà a macchia d’olio la caccia agli “eversori”.
In che modo si deciderà di zittire le voci che libere lo sono veramente. Oggi tocca ai traditori, domani toccherà ai nemici. Nemmeno si perderà tempo a riflettere sull’urgenza di porre un limite alle intercettazioni telefoniche.
Chissà che accadrebbe in Italia, se per caso tra le telefonate di uno dei servi spuntasse la voce del tizio padrone che ordina di castigare questo o quello, reo di non avergli baciato pubblicamente il culo, in segno di massima devozione. Vero!
Non accadrebbe niente di diverso di quanto accada già.
In fondo tutti sanno chi è il mandante ma se non lo dice la televisione, si può ancora fare finta che non sia così, e sentirsi normali, magari patrioti.